L’Italia è uno dei pochi paesi europei senza un salario minimo universale. Mentre i salari minimi sono stabiliti dalla contrattazione collettiva nazionale, il boom dei contratti di apprendistato negli ultimi anni e la frammentazione della rappresentanza sindacale hanno tuttavia portato ad un aumento di ciò che viene definito “lavoro povero”.
Con il calo dei salari, il dibattito sull’opportunità di introdurre la misura si riaccende a intermittenza nel nostro paese. Soprattutto ora che la Commissione europea ha anche proposto una direttiva per introdurre un salario minimo negli Stati membri.
La teoria economica moderna, infatti, sembra essere sempre più consapevole dell’importanza di avere un tetto salariale minimo per garantire equità ai lavoratori, tanto più che l’idea che il salario minimo possa spostare gli equilibri del mercato del lavoro è ormai superata.
Salario minimo: cosa prevede l’Europa?
Nonostante le notevoli differenze nelle cifre fissate come soglia minima, 21 paesi dell’UE su 27 hanno ora un salario minimo legale. Secondo i dati forniti da Eurostat, 13 stati, principalmente nell’Europa dell’Est, assicurano salari minimi inferiori ai mille euro al mese. Spagna e Slovenia sono nella fascia da € 1.000 a 1.500.
Gli altri sei (Irlanda, Germania, Francia, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo) superano i 1.500 euro al mese. Vanno da € 332 in Bulgaria a € 2.257 in Lussemburgo. Queste cifre devono, naturalmente, essere adattate al costo della vita e quindi al potere d’acquisto che garantiscono in ogni Stato.
Mentre l’Italia ha un’ampia contrattazione collettiva, è uno dei pochi paesi dell’UE senza un salario minimo legale insieme a Danimarca, Cipro, Austria, Finlandia e Svezia.
Quale futuro si prospetta per il salario minimo in Italia?
Il ministro del Lavoro Andrea Orlando ha ingaggiato un gruppo di lavoro di economisti e sociologi per rivedere gli interventi e le misure per combattere la povertà lavorativa in Italia. Il rapporto spiega che avere un lavoro in Italia non è sufficiente per evitare di cadere in povertà. La povertà lavorativa è aumentata dal 10,3% nel 2006 al 13,2% nel 2017, concentrata principalmente tra i lavoratori autonomi e part-time.
Le proposte per introdurre il salario minimo per legge sono state avanzate in Parlamento per molto tempo, ma nessuna legislazione è mai stata approvata. Per questo motivo, il gruppo di lavoro ha formulato cinque proposte volte a sostenere i redditi individuali e familiari. In primo luogo, è stato messo sul tavolo il concetto di introdurre salari minimi adeguati.
“Salari minimi adeguati sono una condizione necessaria, anche se insufficiente, per frenare la povertà lavorativa tra i dipendenti”, hanno spiegato gli esperti Lavoce.info. “Ci sono due opzioni che sono state a lungo in discussione in Italia: o estendere il campo di applicazione dei principali contratti collettivi a tutti i lavoratori del settore interessato (cioè comprese le aziende che non hanno firmato quell’accordo) o introdurre un salario minimo per legge”.
Queste due opzioni si sono scontrate con “ostacoli politici e tecnici che hanno bloccato qualsiasi progresso sulla questione per anni. Per questo suggeriamo di partire con la sperimentazione di un salario minimo legale o di griglie salariali basate su contratti collettivi di lavoro in un numero selezionato di settori con maggiore criticità al fine di valutarne l’impatto sull’economia e sul sistema delle relazioni industriali”.
I sistemi inglese e tedesco possono essere presi come modelli. La Germania ha introdotto salari minimi legali in settori specifici in cui la contrattazione era stata debole prima della misura. Nel Regno Unito, tuttavia, la Low Pay Commission, composta da rappresentanti sindacali ed esperti accademici, è stata incaricata di fissare il salario minimo introdotto nel 1999.
Il Ministro Orlando ha dichiarato che i presupposti per trovare un accordo generale potrebbero non concretizzarsi nel breve periodo, ma continuerà a battersi per l’aumento delle retribuzioni.